“The Young Pope” come l’ho visto io (tranquilli, no spoiler)

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 Chi mi conosce, mi legge e mi segue sa bene quanto io adori Paolo Sorrentino e praticamente ogni suo lavoro: dunque “The Young Pope” difficilmente avrebbe potuto costituire per me un’eccezione.

 Eppure neanch’io avrei immaginato quanto e fino a che punto il suo esordio nelle serie televisive avrebbe saputo indurmi ad imprevedibili riflessioni di carattere etico-filosofico, magari assai più preventivabili  nel caso di opere meno fantasiose, o meno commerciali.

 Già, perché, da non praticante eppure curioso osservatore della complessa galassia ecclesiastica, lo sapete invece a chi mi ha fatto presto pensare il Lenny Belardo di Sorrentino? Mi ha sorprendentemente ricordato l’emulo di Guy Fawkes protagonista della graphic novel di Alan Moore, V for Vendetta, poi approdata al cinema per la sceneggiatura dei fratelli Wachowski. E questo in linea di massima perché i due sono singolarmente accomunati dalla stessa insopportabile, interna tensione: il bisogno spasmodico e urgente di portare la giustizia nel mondo e tra gli uomini. Ad ogni costo e con ogni mezzo, la giustizia sopra ogni cosa, il fine supremo: laico di quello, come ispirato da Dio di questo.

 Ma se V può permettersi di perseguire il suo scopo senza scrupolo morale alcuno, teso come si ritrova alla ricerca estetica della perfezione rivoluzionaria, incurante delle bassezze e miserie umane fino a cancellare l’umanità stessa, frettolosamente da egli liquidata come ingombrante ostacolo sulla strada del logicissimo disegno della fredda ed adamantina sovversione prodromica al nuovo ordine finale, ben diverso si pone il discorso per Lenny/Pio XIII.

 Perché lui è il Papa, diamine. Perché da lui ci si aspetta che ami il suo gregge così com’è, mediocre com’è, invece di ammonirlo, punirlo ed educarlo. Perché dal Papa ci si aspettano diplomazia, aperture, incoraggiamenti, rassicurazioni, diciamolo pure: conformismo, quando invece lui… vuole fare la rivoluzione, in altre parole: vuole essere definitivamente all’altezza della sua divina investitura. E allora?

 E allora… come poter lavorare al disegno divino in quelle ingombranti, imbarazzanti  vesti? Come non tradire la propria cruciale missione sacrificandola sull’altare del politically correct, tanto più ora che lo stanno facendo praticamente tutti, prima e dopo di lui?

 1479465915_young-pope-5 Una prima strada individuata è senz’altro quella del ritorno all’ortodossia. Dunque per lui la rivendicazione  del dogma di infallibilità e di tutti i formidabili  – quanto oggi inquietanti ed inattuali – appannaggi storici del Soglio di Pietro (i riti preconciliari  e il latino, il non expedit, l’intransigenza antiomosessuale ed antiabortista ma allo stesso tempo anche antipedofila) rappresentano la prima chiave di accesso per il faticoso raggiungimento di una forte e volitiva identità cattolica tradizionale.

 Una seconda via è quella della provocatoria adozione di estetiche retro: paludamenti, stile, convenienze e protocolli d’antan atti a suscitare timori reverenziali e rispetto.

 La terza via infine, e di certo la più evidentemente bizzarra, è quella del teorema della distanza e dell’assenza. Distanza e assenza ostentate e ragionate in ottica promozionale e pubblicitaria, esattamente come quelle dei suoi modelli generazionali: Mina, Banksy, i Daft Punk. Se non appaio, se non ricevo in udienza, se non mostro il mio volto, né in pubblico, né in video né nel merchandising, la suggestione e l’impatto della mia esistenza celata non potrà che giovarsene. Dovesse pure questa mia controversa attitudine suscitare una sorta di nuova Apocalisse indotta (icasticamente simboleggiata in video nella cometa/meteorite che, attraversata tutta la sigla iniziale passando per le icone dell’arte dei secoli della cristianità, finisce per abbattersi sul Karol Woytila come già ritratto da Maurizio Cattelan, proprio a voler ribadire la demolizione della recentissima immagine “amica”, “solidale” ed affettuosamente e umanamente “complice” della Chiesa di Roma).

 Ma torniamo ora al senso letterale dell’esplicazione e delle finalità della missione del Vicario di Cristo: capiremo presto come tutta questa lucida e spietata deumanizzazione in direzione del raggiungimento di un esercizio anonimo della Funzione risponda ad una stretta esigenza di riaffermazione  di scelta e di eccellenza.

 Dio e la Fede non sono per tutti – ci apostrofa Pio XIII – ma solo per chi avrà il coraggio e la costanza di intraprendere la dura e solitaria strada del vero cammino spirituale: e ve lo ricordate chi lo aveva detto, prima di lui? No? E allora vi rinfresco la memoria io: era stato un certo Nazareno, prima sul lago di Tiberiade, e poi a Gerusalemme. Chiaro? E aveva Illustrato nei dettagli anche il premio del sacrificio.

 Per questo, secondo me, hanno sbagliato, la stampa cattolica, la posizione ufficiale vaticana e l’opinione pubblica dei credenti in genere, a minimizzare e ridicolizzare questa intuizione artistica, come se fosse un attacco teso a sminuire la credibilità e il prestigio di Santa Madre Chiesa. Non è così. Perché gli imbarazzi e gli aspetti cruciali rappresentati nella fiction sono gli stessi che la Chiesa dice e si appresta a suo modo a combattere; dunque allora perché non solidarizzare invece di ignorare?

 Personalmente, credo che pochi prodotti cinematografici e televisivi possano essere di guida e conforto agli stessi religiosi più di questo, che invece viene in ambito ecclesiastico da molti bollato come inadeguato e vagamente blasfemo. Alla fine è ancora una volta il solito destino di Sorrentino a ripetersi, quello di sconcertare spesso gli stessi interlocutori che di volta in volta si sceglie e cui si rivolge… come lo aveva già in buona parte snobbato la tormentata e delusa borghesia radical-chic magistralmente fotografata ne “La grande bellezza”, adesso è il turno dell’Italia cattolica a non volerlo ascoltare.

 Poco se ne cura, Sua Santità Papa Pio XIII: si accende l’ennesima sigaretta, e aspetta. A discapito di tutto, c’è chi lo considera un Santo. Sono pochi, ma basteranno.

 Se non per altro per l’avvio della seconda stagione, mi auguro.

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3 Risposte a ““The Young Pope” come l’ho visto io (tranquilli, no spoiler)”

  1. So della tua ferma preclusione, caro Dario, nei confronti della scatola magica domestica (oggi rettangolo ex tubo catodico), e l’ho sempre ritenuta un peccato… per me, che sono fin troppo ingordo di novità, finanche frugare telecomando alla mano tra la valanga di spazzatura che quotidianamente ci somministra può spesso risultare interessante ed utile, perché se non ti lascia scoprire qualche autentica perla sepolta – ed è questo il caso – riesce quantomeno a darti la bussola dei tempi. Ci vuole pazienza, però: stomaco e pazienza.

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