Lontano dal ponte

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 Ieri nuovo tentativo di suicidio – il terzo quest’anno e non sono per niente i primi – dal ponte della Ferriera: per chi mi legge da fuori e magari non lo sa, è in pieno ed affollato centro di Avellino. Stavolta non è riuscito, perché Gerardo, che fa il parcheggiatore nella piazza attigua, ed aveva assistito impotente alla triste fine di chi aveva preso la stessa decisione meno di due mesi fa, stavolta è accorso più velocemente di quanto lui stesso riuscisse ad immaginare e ce l’ha fatta a salvarla, quella ragazza. Perché non se lo sarebbe mai perdonato, ha detto. Ecco.

 Quasi tutti gli altri, invece, oggi leggono e commentano gli articoli della stampa locale, che, proprio come tutte le altre volte, parlano del male di vivere e del male del secolo e della crisi di questa deprimente città e della disoccupazione e della mancanza di prospettive e del Sud che non decolla e delle statistiche etc.

 Avevo già, alcuni anni or sono, personalmente sollecitato al nostro precedente sindaco l’urgenza di alzare una rete che almeno arginasse, ostacolasse e ritardasse queste tragedie: mi rispose che era perfettamente inutile, perché tanto sarebbe comunque poi successo altrove, appena non ci fosse stato qualcosa o qualcuno nei paraggi ad impedirlo. E immagino che l’opinione dell’attuale primo cittadino sia più o meno la stessa, perché nulla sino ad oggi è stato fatto, ed anche le argomentazioni portate da sua moglie, quando ieri sono tornato a risollevare la questione sui social, sono state più o meno dello stesso tenore. In effetti, leggendo i commenti su Facebook, si direbbe che, a parte Gerardo e pochi altri, la pensino praticamente tutti così in città. Qualcuno mi ha pure dato dello stupido, ha detto che non capisco.

 E no che non capisco. Non capisco che senso ha allora questa nostra convivenza di concittadini, che senso e che futuro vero può avere una piccola città dove praticamente tutti si conoscono e si chiamano per nome e soprannome e che tuttavia, intesa nella totalità dei suoi stessi abitanti, non si interessa davvero né vuole davvero proteggere i più deboli tra di loro.

 C’è un grande cantiere, a pochi metri dal ponte, uno di quelli faraonici ed eterni alla cui prossima chiusura, negli intenti dell’amministrazione, tutto sarà diverso e la città migliore e bellissima. Alcuni degli operai di questo cantiere, ove tempestivamente incaricati, potrebbero erigere una protezione sul ponte oggi stesso, e questo magari forse salverebbe altre vite un domani: forse provvisoriamente e temporaneamente certo, o forse invece definitivamente, e comunque sempre meglio di niente. In cima alla Tour Eiffel a Parigi da decenni sono installate reti simili, erette proprio a questo stesso scopo dissuasivo antisuicidio.

 La verità è che, quando vuoi davvero bene a qualcuno, te ne preoccupi sul serio e fai di tutto, tutto quello che è nelle tue possibilità, perché non possa mai accadergli nulla di pericoloso e di male. Avellino invece, che pure ai suoi figli vuol regalare il costoso balocco di una centro urbano interamente e pomposamente ricostruito, questa preoccupazione di farli sentire parte di una vera comunità cui importi davvero qualcosa di loro in quanto individui, non ce l’ha, non ce l’ha mai avuta. E scrive, attraverso i suoi sofismi e la crudele indifferenza che trasferisce sul web un’altra piccola, ennesima pagina nera della storia dei suoi giorni: quella di una città dall’anima collettiva così meschina da non meritarsi alcun sacrificio, tantomeno quello di un tragico volo giù da un ponte che, così com’è, sembrerebbe proprio fatto apposta.

 Grazie Gerardo, per non essere così anche tu, e grazie anche ai non moltissimi avellinesi che si sentono come te. In assenza di altro supporto, chi su quel ponte ci dovesse un brutto domani passare e fermarsi, si ricordi in quel momento che non ci sarà mica solo Gerardo che è lì nei pressi, e pensi, lì come altrove, che le belle persone, quelle che rendono la vita e ogni vita più che degna di essere vissuta, ci sono eccome, e nonostante tutto ci sono dovunque, basta solo cercarle. Incominciando proprio col fuggire via dalle sponde tentatrici di quel ponte maledetto, e da tutta la cattiveria e la malefica indifferenza che esse loro malgrado, per nostra colpevole inerzia, tuttora emanano e incarnano.

 

 

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