Giulia e la ricetta della felicità

Quando ero in giro zaino in spalla a vent’anni, mi capitava spesso di incontrare gente che stava trascorrendo la propria vita in viaggio, e di ascoltarli affascinato pensando che un giorno o l’altro avrei deciso anch’io di far lo stesso. Poi, col passare del tempo e l’evolversi dei miei percorsi e personali filosofie di vita, ho incominciato a trovarli tristi e noiosi, in qualche modo fermi al palo, incompleti. Non la giovane Giulia. Mi ha mandato da Buenos Aires queste sue belle note in risposta ad alcune mie domande di un paio di mesi fa, e scopro che abbiamo in comune, voglio dire con il mio me stesso di oggi, molto più di quanto avessi inizialmente immaginato. La passione per gli aforismi esistenziali in musica di Lorenzo Jovanotti, per esempio. La distanza emotiva dal blogging seriale, e dal travel blogging in particolare. Il voler e saper collegare l’esperienza di viaggio a quella mistica e interiore. Ma soprattutto questo considerarsi continuamente e criticamente in crescita che, credetemi, è davvero raro riscontrare, soprattutto in quelli che come noi che, viaggiando, scappiamo sempre da tutto e da noi stessi. Salvo poi magari ritrovarci e ritrovare il filo del tutto nella Terra del Fuoco (come magari presto succederà a lei) o viceversa sulle fredde isole tra le due sponde del Nord Atlantico (come è più volte capitato a me). E allora ci vediamo sul Camino de Santiago, una di queste volte, se ed appena prenderò la decisione di affrontarlo anch’io… per il momento, gustatevi Giulietta e la sua ricetta della felicità.

giuliettadraw

giulietta

Allora, Giulia, raccontaci la tua storia sinora.
Mi chiamo Giulia Furlani e sono nata ad Asti 32 anni fa, quasi 33. Infanzia felice e vita “dritta” fino all’anno scorso: università, lavoro e voglia di metter su famiglia. Dopo anni di precariato, nel 2012 ho trovato un lavoro che mi garantiva una maggior stabilità (anche se non è mai stato a tempo indeterminato), ma che mi ha richiesto grandi sacrifici a livello umano, rendendomi infelice giorno dopo giorno. Poi nel 2015 è arrivata l’occasione di dire basta e l’ho semplicemente colta.

Nella tua vicenda personale, il viaggio e la decisione del viaggio sembrano aver rappresentato una sorta di spartiacque tra la tua vita precedente e quella di oggi: ma è davvero così?
Il viaggio è una conseguenza di quel basta detto a una vita di frustrazioni: ero stufa di vedere il tempo scivolarmi tra le mani senza poterlo trattenere e senza sentirlo davvero mio, stanca di pensare alla mia vita come un percorso prestabilito. Mi sentivo trascinata dalla corrente di un fiume a cui non potevo opporre alcuna resistenza. Questo viaggio è frutto di un processo personale tutt’altro che lineare, ma effettivamente c’è stato uno spartiacque: il Camino de Santiago de Compostela. L’estate scorsa ho potuto finalmente realizzare quello che era stato un sogno per molti anni, grazie al fatto di aver lasciato il lavoro ed avere quindi, banalmente, il tempo di camminare per oltre 800 Km, attraverso la Spagna. Un pellegrinaggio durato oltre un mese, durante il quale ho conosciuto persone da tutto il mondo, molte delle quali in procinto di spendere uno o due anni della propria vita viaggiando. Ecco, mi hanno ispirato loro. Mi è parso che la vita mi stesse dando l’opportunità di fare qualcosa di incredibile, più simile a un sogno che alla realtà, qualcosa a cui non avevo mai pensato seriamente prima di allora. Ho smesso di dire “Che bello sarebbe se…” e ho deciso semplicemente di agire. Tornata dal Camino ho lasciato casa, auto, chiuso tutta la mia roba negli scatoloni e quattro mesi dopo sono ripartita.

Iguaçu

Come mai l’America Latina, invece di una qualche fascinosa meta esotica orientale?
Perché il Sud America mi chiama da sempre. Non so spiegarlo meglio di così. Ne ho letto attraverso Gabriel Garcìa Màrquez, Isabel Allende, Bruce Chatwin. Ricordo che lessi per la prima volta della Patagonia ne Il grande boh! di Lorenzo Jovanotti. Avrò avuto dodici anni. Ecco, lì mi si è acceso qualcosa, ma non so spiegarlo a parole. So solo che da allora, quando sento parlare di America Latina, qualcosa da dentro mi chiama. Ora so che spenderò i restanti sei mesi di questo viaggio tra Argentina, Cile, Bolivia, Perù, Brasile e al massimo Costa Rica o Messico. Ma quando sono partita non avevo ancora le idee chiare. Adesso so che non voglio saltare da una parte all’altra del globo, ma godere a pieno di questo continente, senza troppa fretta. Prima di approdare qui, però, sono stata in Canada e negli Stati Uniti, per una ragione molto semplice: volevo incontrare ancora quegli amici pellegrini che hanno segnato il mio cammino verso Santiago. E in effetti, grazie a questo viaggio, ho avuto l’opportunità di rivedere molti di loro, coltivarne l’amicizia, rafforzare i legami. Un cammino dentro il cammino: diciamo che è un po’ il filo conduttore del mio percorso.

caminodesantiago

Qual è il tuo rapporto con i blog di viaggi e con l’attività di travel blogging?
Prima di partire avevo pensato che avrebbe potuto essere per me una bella cosa tenere un blog di viaggio: avrei dato l’opportunità di seguirmi da casa, e mi piaceva l’idea di presentare il mio viaggio come “utile” (dare consigli di viaggio ad altri utenti, dimostrare che è possibile viaggiare spendendo davvero poco, etc). Poco dopo esser partita, però, mi sono resa conto di quanto fosse complicato scrivere pensando agli altri: questo viaggio è per me fonte di grandi emozioni e di riflessioni personali sulla mia vita, e di fare la cronistoria di cosa vedo e cosa faccio non mi interessa davvero: il web è già pieno di siti che ti consigliano cosa fare, vedere, mangiare… E proprio a questo proposito, credo di aver fatto indigestione da travelblogs. Ne seguo tre o quattro con costanza, altri un po’ per caso e poi ovviamente il gruppo Facebook Viaggiare in solitaria. Uno,  Superjab, mi è stato particolarmente utile all’inizio per organizzare un po’ lo zaino e lasciare da parte gli ultimi dubbi. Il ragazzo che lo scrive manda ogni settimana emails che dovrebbero motivare le persone a lasciare la vita che le rende infelici e viaggiare. E chi lo fa diventa un supereroe. Un supereroe, capito?!? Ecco, io all’inizio avevo una fifa blu e forse questa roba mi serviva. Così come mi lusingava sentirmi dare della “coraggiosa”. Ora questo viaggio è parte della mia quotidianità ed è la cosa più semplice del mondo, per questo sentirmi dire che ho coraggio mi imbarazza non poco (coraggio di che? di fare quello che mi pare?!? e mica ci vuole talento!!) E poi non è tutto rose e fiori, sia chiaro. Ultimamente soffro di solitudine acuta. Se nella prima parte del viaggio ho avuto la fortuna di reincontrare molti amici (ed è stato un vero dono) ora sono principalmente sola. Negli ostelli i backpackers che incontro sono ben diversi da quelli che ho conosciuto sul Cammino di Santiago. Spesso li trovo interessati solo a far festa la sera, sbronzarsi e poi stare a letto il giorno successivo. Non entrano in contatto con la gente del luogo, parlano solo tra loro (e sono quasi tutti europei) e al massimo visitano i luoghi più turistici, per dire “ci sono stato”. Ecco perché d’ora in poi cercherò di utilizzare il più possibile il couchsurfing!

Che cosa desidera la Giulia di oggi, che cosa diventerà e cosa desidererà la Giulia di domani.
Voglio ancora una famiglia. Sogno di poter insegnare ai miei figli l’importanza di coltivare la propria felicità, di affrontare le paure e saper lasciare la propria zona di comfort quando necessario; sogno di poter dir loro quanto sia meraviglioso questo mondo, nonostante tutto, nonostante i problemi, le contraddizioni, le brutture e le tragedie. Nonostante la gente che ti dice che viaggiare soli è pericoloso (soprattutto se sei donna), che bisogna diffidare, che se ti succede qualcosa e non eri nel perimetro di casa tua allora “te la sei andata a cercare”. E poi sogno finalmente un lavoro che mi valorizzi, che mi faccia sentire grata di svegliarmi tutte le mattine. Magari qualcosa di mio. Sì, decisamente qualcosa di mio. Continuerò a viaggiare: ho imparato che posso esplorare il mondo in maniera autentica e spendendo meno che rimanendo a casa e questa consapevolezza non mi abbandonerà più.

Un messaggio ai lettori di Eccentriche Rotte: la tua personale ricetta della felicità.
Chiaramente non ce l’ho e se qualcuno la trovasse è pregato di farmi un fischio… Ho conosciuto un uomo molto felice, qualche tempo fa e, a quanto pare, lo è perché riesce a vivere nel presente e ad ascoltarsi molto. Lui, fermo sulla sua montagna da ormai vent’anni, mi ispira a ogni passo molto più di tanti viaggiatori compulsivi. Anima, mente e corpo nello stesso posto, allo stesso momento. Quando accade è una sensazione magica. I percorsi prestabiliti spesso sembrano l’unica strada possibile: molti altri li hanno sperimentati prima di noi e siamo portati a pensare che siano la risposta alla ricerca della felicità. Ma ognuno di noi ha una sua unicità, che va rispettata e valorizzata. Non so se sia la ricetta della felicità, ma ascoltarsi e seguire le proprie attitudini personali mi sembra comunque un buon inizio.

meditazionez

z

z

z

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.