Giulia a Rapa Nui

Quando ho visto da Facebook che era stata persino là, non ho saputo resistere, e le ho chiesto una nuova intervista: perché Rapa Nui è il mio viaggio dei  sogni da sempre, e chi meglio di Giulia – mi sono detto –  avrebbe saputo interpretare per me un sogno del genere? E così, ecco a voi un nuovo bizzarro, emozionante reportage dalla nostra fatina del viaggio, tuttora a zonzo per il magico, primitivo, primordiale Sud America; nella vana  attesa che l’antiviaggiatore, abbandonando la propria pigrizia da incipiente terza età, ritrovi un giorno l’antica determinazione a riempire lo zaino e realizzare il sogno a sua volta. Frattanto, sognate e sogniamo con lei.

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EC Dì un po’, ma non c’eri appena già stata, alla fine del mondo, in Patagonia? E che bisogno  c’era, allora, di andarci subito un’altra volta,  da quest’altra parte? GF Io ti rispondo se prima tu mi dici come fai a determinare dove stanno l’inizio e la fine in una sfera. Scherzi a parte, avevo bisogno di riscaldarmi un po’: dopo il vento freddo della Patagonia, un po’ di tepore (quasi) estivo ci voleva!

EC E allora dài, su, dicci subito qualcosa in rapanuese, e possibilmente traducicelo pure, ma senza barare, visto che difficilmente potremo andare a controllare! GF Ho imparato poche parole, ma essenziali: Iorana (ciao, buongiorno, salve…) e Maururu: grazie. Se poi li si accompagna con un bel sorriso, sono più potenti degli incantesimi di Harry Potter.

EC Un tuo pregiudizio sull’isola di PasquDSC05068a rivelatosi poi vero e fondato, e uno invece clamorosamente falso. GF Quello vero: pieno di turisti. Quello falso: i Moai li hanno costruiti gli alieni.

EC Ah, ma allora è vero che i Moai li hanno costruiti gli alieni! E perché? A cosa gli servivano? GF Ma non abbiamo appena detto che era una fandonia?

EC Hai imparato a ballare l’hula hop? GF Se ti dico che ballo il lindy hop e che non c’entra un tubo con Rapa Nui ci  rimani male?

EC E Robinson Crusoe? L’hai incontrato? E che cosa ti ha detto? GF Guarda, era lì giusto un paio di giorni, ma dato l’imminente arrivo della stagione delle piogge stava organizzandosi per navigare fino a Tahiti. Dice però che tra sei mesi torna a Rapa Nui e ti aspetta!

EC Senti, ma è  vero che a Rapa Nui è molto apprezzata e coltivata l’arte del furto, nel senso che là sono quasi tutti ladri? L’ho letto sulla Lonely Planet… GF Ho sentito l’esatto opposto: l’isola ha 6.000 abitanti e si conoscono tutti. La gente la notte lascia la porta di casa aperta e lo stesso vale per le auto! 

EC E adesso un tuo parere tecnico: è consigliabile programmare un viaggio sull’isola di Pasqua in quella che si presume sia la loro bassa stagione, e cioè… a Natale? GF La bassa stagione, ovvero quella delle piogge, è in questo periodo dell’anno. Io sono andata tra fine aprile e inizio maggio e il clima era ancora molto mite e gradevole! Ma pensandoci bene passare Natale su un’isola polinesiana non dev’essere mica male. Veniamo insieme a trovare Robinson verso dicembre?

EC Seee, un altro po’ e ci vengo col bastone e la dentiera… andiamo piuttosto al sodo: ma è vero che andare là costa un botto, e che arrivati là tutto continua a costare  un botto perché  qualunque cosa ce la devono portare apposta? GF Sì, arrivare a Rapa Nui è caro: io ho trovato un volo a 280 euro da Santiago ed era decisamente economico: il prezzo in generale varia da 350 a oltre 600 Euro! L’isola è effettivamente cara, proprio per il fatto che qualunque cosa deve essere portata dalla terra ferma (che è tutt’altro che vicina). Però ci si può portare generi alimentari direttamente da Santiago e ci sono alcuni campeggi/ostelli, leggermente più cari che altrove, ma con prezzi comunque abbordabili. Insomma, bisogna organizzarsi.

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EC Disponibilità economiche a parte, è un viaggio per tutti questo, o no? E se non lo è, per chi è questo viaggio? GF Direi che è davvero un viaggio per tutti: l’isola è piccola, ma offre tutti i servizi necessari, sia per i viaggiatori che amano l’avventura che per quelli che desiderano essere serviti e coccolati.

EC E insomma allora come sono questi mari del Sud? GF Beh, a Rapa Nui, sulla spiaggia di Anakena, ho fatto il mio primo bagno nel Pacifico a inizio maggio… Acqua azzurro-cristallino-come-nelle-cartoline e temperatura perfetta! Non la smettevo più di sguazzare!  

EC Ci fai sognare con una delle tue belle storie sotto il cielo australe? GF Ci provo! Siediti e prenditi qualche minuto di tempo. Chi arriva a Rapa Nui, nella maggior parte dei casi, ha prenotato in anticipo l’hotel, il campeggio o l’ostello e, all’ereoporto, trova sempre qualcuno ad accoglierlo con collane o corone di fiori, in un clima di festa contagioso. Ad aspettare me non c’era nessuno: i due ragazzi per i quali andavo a lavorare mi avevano avvisato che sarebbero stati impegnati nella loro azienda agricola e mi avevano lasciato qualche vaga indicazione sul come raggiungerla. Generalmente non mi sfiora il fatto che all’areoporto non mi aspetti nessuno: viaggiando sola è piuttosto normale. Eppure, per qualche istante, confesso di aver provato una forte malinconia, sentimento attenuatosi quando mi sono ritrovata in strada a fare autostop e trasformatasi poi in perplessità quando sono giunta a destinazione. Mi aspettavano dieci giorni di lavoro nei campi, a condividere una baracca senza elettricità (e quando dico “baracca senza elettricità” non sto esagerando!) con altri cinque volontari: Carol (Cile), Jenna (USA), Tina (Australia), Anja e Tobi (Svizzera). Lo confesso, ci ho messo qualche ora ad accettare di dover dormire in un letto ricavato da vecchi pallet e di dovermi recare in paese per avere una connessione internet. Poi è scesa la notte e la baracc20160503_143801a, alla quale è stato dato un nome, Pae Pae, si è trasformata in un luogo magico. Al Pae Pae si cucina con l’unica torcia elettrica fissa a un chiodo. Lo si fa lentamente per non rischiare di tagliarsi o bruciarsi, perché, oltre il cono di luce della torcia, non si vede nulla. Al Pae Pae si mangia tutti insieme e dopo cena si parla per ore, senza potersi vedere bene in faccia per il buio, eppure guardandosi sempre negli occhi. Al Pae Pae si va a dormire presto, ma se non si è troppo stanchi per la giornata di lavoro, ci si può sedere nel prato, ascoltare il suono delle onde in lontananza e osservare cieli stellati mai visti prima: senza nemmeno una luce, sembra quasi di poter toccare la via lattea! Sono stati giorni densi di emozioni quelli alla fattoria: Carol ed io siamo diventate molto amiche estirpando erbacce, raccontandoci dei nostri fallimenti e delle nostre speranze, confondendo le lacrime nel sudore e stringendo forte la terra tra le mani, quando il dolore dei ricordi si faceva forte. Un pomeriggio ho deciso di andare a visitare alcune grotte, a un’ora a piedi da Hanga Roa e sulla strada ho trovato Luis, un nativo Rapa Nui sulla cinquantina, che mi ha dato un passaggio sul suo furgone. Avrebbe dovuto lasciarmi sulla strada, ma alla fine mi ha accompagnato personalmente fino alle grotte, a strapiombo sul mare, raccontandomi della sua gente e della loro lingua dal suono gentile, del rapporto con i cileni (non proprio dei migliori), del suo lavoro e dei suoi viaggi. E’ stato un pomeriggio speciale, di cui entrambi siamo stati grati: io per i tanti racconti, lui – credo – per aver trovato qualcuno che lo ascoltasse con tanta curiosità. Ci siamo dovuti congedare di fretta e pensavo non l’avrei più rivisto. Dieci giorni volano e, in un batter di ciglia, ero di nuovo all’areoporto, zaino sulle spalle e terra più o meno ovunque (sulle scarpe, sui jeans, sotto le unghie): per quanto uno ci provi, lavare i panni o farsi una doccia al Pae Pae non è attività semplice. Check-in fatto, bagaglio imbarcato, giusto il tempo di respirare ancora l’aria che odora di pioggia e congedarsi mentalmente da Rapa Nui, dai suoi suoni, dai colori, dai misteriosi Moai. Quando nel giro di pochi minuti spuntano due volti familiari: Luis, prima, Carol poi. “Mi avevi detto quando saresti partita e non potevo non salutarti. Ti ho portato qualche ricordo di Rapa Nui, sono felice di averti conosciuto”. Luis mi piazza in mano alcune cartoline, una collana di conchiglie e un Moai di legno. Lo abbraccio, non ho parole per dirgli quanto sono felice di poterlo salutare, ci scambiamo gli indirizzi di casa (lui non ha telefono, né computer), ci promettiamo che ci scriveremo delle lettere, come si faceva una volta. E poi arriva lei, Carol, i ricci neri fradici, mi butta le braccia al collo, piangiamo come due bambine: “Non importa quanti chilometri ci divideranno – ci promettiamo – per i cuori la distanza non esiste”. E’ ora di imbarcarsi, mi congedo dai miei amici, l’ultima immagine che ho negli occhi è quella di Carol e Luis che chiacchierano del loro amore per quest’isola magica e, mentre il portellone dell’aereo si chiude alle mie spalle, mi dico che in un viaggio come questo non importa se al mio arrivo non c’è nessuno, quello che conta è chi c’è quando parto.

EC E mò? Dove andrai adesso? Ma a casina tua non ti ritiri mai? GF Dopo l’isola di Pasqua ho sentito il bisogno di fermarmi: sono stata un mese a Santiago, lavorando come volontaria in un ostello in cambio di vitto e alloggio. L’ultimo periodo è stato meraviglioso e struggente allo stesso tempo, e, spinta da emozioni contrastanti, avevo pensato di anticipare il rientro a luglio. Stavo per comprare il biglietto, ma ho capito che questo viaggio deve darmi ancora molto e quindi… si prosegue!  

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Una risposta a “Giulia a Rapa Nui”

  1. Che bei racconti! Questa ragazza è davvero da ammirare, che coraggio fare ‘ste cose. Tu continua a seguirla, così noi possiamo seguire lei in giro per il mondo 🙂

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