Estetica di Sgt. Pepper

Ammetto di non aver amato particolarmente i Beatles, né di essermene interessato mai più di tanto. Come in diversi oramai vi sarete accorti, ciò che ha sempre contato, ai miei occhi, era la magia del decennio a loro successivo: le sorti e i destini meravigliosi di cui tanto amo parlare e scrivere, al di là delle tante mancate realizzazioni e degli incidenti di percorso che li hanno ahimè caratterizzati.

Ebbene, mi sbagliavo. Perché molta di quella magia era già tutta lì, in quella coda dei sixties, e un libro me lo ha fatto capire assai bene. Questo.

Il solito libro per fans? Di quelli infarciti di notiziole e gossip più o meno autentici, buoni per passare piacevolmente il tempo, salvo poi dimenticarsene proprio alla prima occasione del prossimo salotto? Meno male che non l’ho pensato. Anche perché Francesco lo conosco, e sapevo perfettamente che non è da lui. Ma, ciò nonostante, non immaginavo tuttavia che mi avrebbe fatto cambiare idea su tante cose; persino su Paul Mc Cartney, pensate un po’. Perchè Brusco non scherza, è uno studioso e saggista di quelli seri, un vero musicologo che analizza e ti spiega  la musica attraverso parametri extramusicali. Il che è decisamente un bene, per un libro del genere. Che poi, a volervela dire tutta, nel suo libro, come del resto il titolo giustamente evidenzia, ce ne sono dentro almeno altri tre. Questi.

Genesi. Ovvero di come e perché gli ingenui Beatles yè-yè in bianconero degli esordi abbiano ad un certo punto deciso di trasformarsi nella sofisticata e coloratissima Orchestra del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepe. Con contorno di mille retroscena inediti e mai banali, attraverso i quali la crescita, l’evoluzione stilistica, le conflittualità e le scelte sono sempre tutte motivate e consequenzialmente chiarite.

Linguaggi. Sezione specifica per musicisti, circa la durezza della quale lo stesso autore mi aveva sportivamente messo in guardia. I miei studi giovanili di armonia mi hanno consentito di comprenderne un apprezzabile 60/65%, e voi realizzerete perché ne vado così fiero soltanto quando proverete anche voi ad avventurarvici. Praticamente ogni istante dell’album, che sia vocalizzo, accordo, colpo di tom, verso, parola, effetto, vi viene censito e sezionato, con tanto di partiture, patterns e note tecniche, di storia della musica e di fisica acustica. Dopo di che… ecco spiegato, giusto per farvi il primo esempio che mi viene in mente, perché John Lennon era il mito che era. Va detto comunque che neanch’io sfiguro del tutto al cospetto dell’onnisciente Prof. Brusco, dopo di essere riuscito a raccapezzarmi benino finanche nella sua articolata esposizione delle strutture modificate dei raga tradizionali indiani di George Harrison. Ma che i Beatles fossero poi in realtà cinque, includendo l’onnipotente tecnico del suono George Martin, e che Ringo fosse il batterista più influente dell’epoca, queste proprio non me le aspettavo; e adesso vorrei tanto vedere voi al mio posto, cari i miei saputelli. 

Ricezione. E qui il discorso si fa davvero profondo, con continui pertinentissimi riferimenti alla sociologia della comunicazione ed al ruolo dinamico dei media audiovisivi lungo la loro storia fino ad oggi. Della quale Sgt. Pepper si rivela sorprendentemente una tappa importante. E allora chapeau per le tue mille affascinanti tesi eterologhe, Professore: nel panorama spesso trito e monotono dell’editoria di divulgazione della musica commerciale, tu hai invece voluto regalarci qualcosa di bello, di nuovo e interessante al riguardo.

Insomma, nella vostra lettura potete partire indistintamente dall’una o dall’altra faccenda, o viceversa fare come ho fatto io che le ho divorate tutte e tre in parallelo; quello che è certo è che, quando giungerete  a terminarle – dopo decine e decine di illuminanti ricerche sul web per riscontrare questo e quello e quell’altro come è capitato a me e come, statene certi, capiterà puntualmente anche a voi – vi sentirete immersi in un fantastico viaggio di scoperta nello spazio e nel tempo, al progredire del quale sempre nuove fette di mondo vi si spalancano innanzi, e questo al di là del fatto che quelle vecchie canzoni le avevate già sentite miliardi di volte. Ascoltate, certo, come no, ma mai capite davvero. Ora invece sì. Era questo il punto, finalmente ci siamo arrivati. Per cui adesso non vi resta che correre in libreria (Arcana distribuisce ovunque a largo raggio) o cliccare per esempio qui. E buona, psichedelica lettura.

 

 

2 Risposte a “Estetica di Sgt. Pepper”

  1. Dario, nel libro tutti questi aspetti più “leggendari” e mondani sono spesso semplicemente cennati, a pieno favore dell’approfondimento di altre questioni un po’ più inerenti le faccende musicali in senso stretto: ti conviene chiedere ad Elena, che è proprio in questo momento al telefono con me, e sto in effetti scoprendo, dai suoi tanti ricordi e racconti, una sua notevole, vezzosa, tutta femminile competenza in materia…

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