Horror movies will last forever

  Per il suggestivo, surreale concerto all’interno della vecchia base NATO islandese di Kleflavìk (località che in effetti ricordo come il posto più simile alla Luna dove mi sia mai capitato di passare sulla Terra) poi non ci eravamo più organizzati, e meno male, se no sai quante iastéme dopo che l’hanno annullato, se avessimo già preso i biglietti aerei e tutto.

 E neppure al turbolento centro sociale della periferia di Torino ci siamo voluti andare: l’orario a notte alta, l’ambiente ed il pubblico, per quanto anche quelli tutti decisamente molto in tema, li abbiamo giudicati incompatibili con la mia barba brizzolata e con lo stile poco alternativo del mio pur giovane accompagnatore.

 Quindi a noi due non restava che una trasferta a Roma per vedere il Maestro, e l’Auditorium Parco della Musica sembrava essere l’occasione giusta che è stata. 

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 Over 30 come me: tre o quattro, sparuti intellettuali snaab, appunto.

 Under 20 come lui: due o tre, con il papà intellettuale snaab, appunto.

 Con il corpo non quasi interamente ricoperto da truci tatuaggi multicolori: sei o sette, vedi sopra.

 Dress  code: bermuda e ciabatte per gli uomini, completini sadomaso e calzari borchiati col tacco a spillo per le donne. A noi però ci hanno fatto entrare lo stesso (“mi raccomando, vestitevi bene, mettetevi i pantaloni lunghi, che sempre a teatro state!”). Che scuorno.

 E mò però, se siete arrivati a leggere fino a qua, ve lo devo dire per forza di che stiamo parlando: della tournée di John Carpenter, alias the Master of Horror, il famoso regista che compone ed esegue da sé le colonne sonore dei suoi film. E adesso le suona anche dal vivo con la sua band, di cui fa parte anche il figlio Cody. Ammàppele, visto che stamo aròma.

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 Che poi è il sogno di tutti quanti, no, quello di avere una rock band tutta tua… da vecchio. Massimo rispetto per Lui che ci è riuscito, quindi.

 E infatti il Maestro, definito da Lorenzo “maestoso” e “imponente”, a dirla tutta e visto che effettivamente se lo può permettere, più che altro fa l’incazzoso con i suoi fans, ai quali ha preliminarmente e tassativamente vietato qualunque scatto fotografico e ripresa video. “Ti ho visto” fa cenno mentre suona, portando agli occhi indice e medio e poi volgendoli minacciosamente a indicare, uno dopo l’altro, i malcapitati che hanno osato contravvenire al suo volere; e sai che umiliazione, il tuo idolo che ti addita in pubblico e ti rovina pure la foto e il video, e poi che gli dici, quando lo fai vedere agli amici, che qui è quando mi stava mandando a quel paese?

 Manco a dirlo l’andazzo termina quasi subito; resistono solo quelli della galleria, che nei giorni successivi inonderanno YouTube di video non autorizzati, incluse anche riprese integrali dell’intero show andate ad aggiungersi a quelle copiose delle precedenti date americane. Insomma il giusto contrappasso per chi veicola la paura al cinema; praticamente gli unici che non hanno immagini siamo noi, perché il giovanotto ci tiene alle regole, e soprattutto a risparmiarmi figure di niente che giocoforza lo coinvolgerebbero.

 Ma giustamente voi sarete curiosi della musica. Bella. E non solo le colonne sonore dei film, anche i pezzi tratti dai due “Lost Themes”, gli album che raccolgono musica non (ancora) utilizzata per gli schermi. Rock cupo (e volevo vedé), psichedelico e settantero (eh), con notevoli influenze prog (ah però) e parecchie belle venature blues (ci sta pure quello, l’America profonda etc etc, pensateci bene). Ci siamo consolati, con le scene dei film che andavano gigantesche sullo sfondo, e i musicisti che talora sembravano calarcisi dentro (come ad esempio quando hanno indossato tutti gli enigmatici occhiali neri di “They Live”). E, quello che è impagabile, nessun bisogno di annunciare il prossimo brano; perché non c’è uno in sala che non abbia già visto tutto al cinema, e quindi basta semplicemente dire “Vi piacciono le ragazze dagli occhi verdi?” o “State attenti alla guida…” perché parta l’applauso un attimo prima dell’avvio di “Big Trouble in Little China” e di “Christine”.

 Certo, è durato un po’ pochino. Un’ora e un quarto compresi i bis, con i primi buonanotte e l’uscita già dopo appena una cinquantina di minuti. Ma si sa, l’età è quella, e il gruppo mica poteva andare avanti da solo. Si era capito subito, d’altronde, che ci saremmo sbrigati, visto che il pezzo di apertura è stato addirittura “1999: Escape from New York”, che tutti si sarebbero ragionevolmente attesi in un finale culminante.

 E invece no, no fronzols e tutti a casa. Almeno così ci era stato comandato. Ma i nerds hanno avuto una botta d’orgoglio. E hanno deciso di tenere d’assedio l’uscita dei camerini per quasi due ore (si noti bene, un tempo superiore alla durata del concerto, ma la serata doveva pur passare, no?). Si era sparsa la voce che il Maestro a Torino si fosse concesso per degli autografi, e la speranza è l’ultima a morire. Così abbiamo bivaccato a lungo considerando le possibili strategie del caso, tra i vari “te cce lo sai ‘n dò sta?”, “a regà, annasconnémose che lo beccamo!”, “ècchilo, ècchilo!”, “ma cche stai a ddì, se n’è annàto da n’pezzo…”, mentre assai probabilmente quelli strafocavano in trattoria.

 Passata ormai la mezzanotte non venivano fuori e allora abbiamo desistito, con ancora negli occhi e nelle recchie il sogno di una notte quasi magica, ché magica sarebbe stata per davéro se ce l’avesse fatto anche a noi l’autografo come al centro sociale a Torino, ma intanto… lui perfida e spietata rock star, noi sprovveduti sfigatelli, che cosa di diverso avremmo potuto mai aspettarci?       

 Tanto, c’è tempo, perché “horror movies will last forever”.

 Aaa detto lui, aò. A regà, se vedémo, bonanotte.

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Foto: Ross Sauriol (concerto Los Angeles), Kyle Cassidy (ritratto del Maestro).

 

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